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C.C.L.
Il c.c.l. e' la fonte normativa classica dell'autonomia sindacale e rappresenta indubbiamente lo strumento piu' valido per la tutela degli interessi collettivi dei lavoratori. Viene chiamato collettivo, perche in esso si compongono conflitti di interessi collettivi, con la qualifica aggiuntiva di lavoro, per la materia che ne costituisce l'oggetto mediato.
Nella gerarchia delle fonti il c.c.l. si colloca dopo le Leggi ed i regolamenti ma prima del contratto di lavoro individuale.
In materia di lavoro vige il principio che la norma di grado superiore prevale sulla norma di grado inferiore a meno che la norma di grado inferiore non contenga condizioni di miglior favore per i lavoratori.
Nella sostanza il c.c.l. e' un complesso di pattuizzioni che detta le condizioni generali di lavoro per i lavoratori e per i datori di lavoro, rappresentati in sede di stesura dalle proprie associazioni sindacali di categoria. I contenuti principali che formano il c.c.l. sono essenzialmente due quello economico(determinazione della retribuzione) e quello normativo che regola le diverse fasi del rapporto di lavoro dalla costituzione allo svolgimento alla risoluzione (assegnazione delle qualifiche orario di lavoro durata delle ferie lavoro straordinario indennita' di prevviso ecc.). Il c.c.l. rappresenta generalmente il trattamento minimo da riservare a lavoratori.
I contratti individuali di lavoro stipulati fra lavoratori e datori iscritti ai sindacati, che hanno concluso il contratto collettivo, non possono derogare al contratto collettivo, perche il singolo associandosi, ha subordinato l'interesse individuale all'interesse della collettivita' professionale a cui partecipa. L'assoggettamento in forma specifica dell'autonomia individuale all'autonomia collettiva importa che le clausole del contratto individuale difformi da quelle del contratto sono nulle, ma non pregiudicano la validita' del contratto individuale.
Cio' detto e' utile precisare che e' tendenza consolidata della giurisprudenza di ammettere la prevalenza di quelle clausole che risultano piu' favorevoli ai prestatori di lavoro quindi possiamo affermare che il c.c.l. puo' essere derogato dal c.l. individuale a patto che esso contenga condizioni di miglior favore per il lavoratore.
Il c.c.l. generalmente ha durata limitata solitamente tre anni in questo periodo il contratto non e' passibile di disdetta quindi la sua validita' rimane inalterata nel corso del periodo. Allorche il c.c.l. abbia durata indeterminata in qualsiasi momento e passibile di disdetta da l'una o dall'altra parte previa consultazione e in rispetto dei termini di preavvisio generalmente contenuti nel contratto stesso. Rispetto all'efficacia territoriale il c.c.l. puo' essere nazionale, quando stipulato da associazioni di grado superiore ed ha validita' per una categoria di datori di lavoro e lavoratori su tutto il territorio nazionale.
provinciale o regionale quando viene stipulato da associazioni di grado inferiore ed ha efficacia in una limitata circoscrizione territoriale esso spesso ha carattere integrativo dei confronti del c.l. nazionale
aziendale o interaziendale quando e' stipulato nell'ambito di una azienda (o piu' aziende) anche solitamente a carattere integrativo rispetto ai precedenti.
L'efficacia giuridica del c.c.l. dipende dal regime giuridico adottato nei confronti delle associazioni sindacali stipulanti.
Attualmente la associazioni sindacali sono delle semplici associazioni di fatto quindi l'efficacia giuridica, vista la carenza legislativa in materia in quanto l'Art 39 della costituzione, che sancisce la liberta' delle associazioni sindacali, la loro registrazione e la loro capacita di stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria su tutti gli appartenenti alla cotegoria professionale a cui si riferisce con modi stabiliti dalla Legge, non trova ancora applicazione nella Legge ordinaria, di conseguenza e' limitata ai soggetti facenti parte delle associazioni sindacali stipulanti. A tale laguna si cerco di rimediare con l'emanazione di una norma transitoria la Legge n.741 del 1959 che estendeva l'efficacia del c.c.l. a tutti i soggetti delle categorie professionali interessate dando cosi in forza della Legge validita' erga-omnes ai c.c.l. Cosi facendo il Legislatore e riuscito a garantire dei minimi economici e normativi a tutti i lavoratori.
Ovviamente la norma transitoria va perdendo con il passare del tempo la sua originaria importanza, in quanto v'e' l'impossibilita di considerare efficaci erga-omnes i c.c.l. stipulati dopo la data del 3.10.59 benche i minimi sopra accennati continuano ad aver valore erga-omnes. Sebbene in ottemperanza dell'Art 36 della Costituzione la giurisprudenza, in rispetto del principio di retribuzione sufficiente in esso contenuto e' orientata ad estendere i benefici dei c.c.l. a tutti i lavoratori anche se non appartenenti alle associazioni sindacali stipulanti, in quanto come gia' detto in apertura le pattuizioni contenute nel c.c.l. costituiscono il trattamento minimo da riservare ai lavoratori.

Gianni Assogna
Consulente del Lavoro In Pineto

 

DIFFERENZE TRA LAVORO SUBORDINATO ED AUTONOMO
 
Il lavoro in una definizione sociologica puo' essere inteso come qualsiasi attivita' umana. Ma volendo specificare maggiormente per dare al lavoro quella connotazione, politico-sociale richiamata anche nella nostra costituzione, lo si deve definire come un' attivita' umana idonea a produrre utilita' a terzi ed economicamente rilevante.
Come gia' accennato in precedenza nella nostra carta costituzionale il lavoro viene tutelato in ogni sua forma e non e' eccessivo dire che lo stesso ricopre posizioni primarie all'interno del tessuto politico-sociale di qualsiasi societa'.
Il lavoro sotanzialmente puo' essere diviso in due grandi tronconi quello autonomo e quello subordinato.
I criteri distintivi per poter comprendere se ci si trova di fronte ad un rapporto di lavoro autonomo o subordianto sono molteplici.
Partiamo inizialmente dalle definizioni che la dottrina e la giurisprudenza hanno dato, per il lavoro subordinato si intende una prestazione continuativa di energie a favore di un terzo per un compenso(obbligo di mezzi) altresi per il lavoro autonomo si intende l'attivita prestata dietro compenso per compiere un opera o un servizio senza vincoli di subordinazione verso il committente(obbligo di risultato).
Da queste definizioni si evince immediatamente che uno dei criteri maggiormente distintivi e' la subordinazione.
Nel lavoro autonomo la subordinazione e' praticamente assente in quanto il lavoratore autonomo non ha nessun vincolo di subordinazione appunto verso il committente. Nel lavoro subordinato invece e' il datore di lavoro che organizza l'impresa quindi ha potere direttivo nei confronti dei lavoratori i quali sono guidati e controllati nello svolgimento delle mansioni assegnate.
La subordinazione del lavoratore e' una subordinazione tecnica e funzionale, cioe' collegata e determinata dalla prestazione di lavoro, e' anche personale nel senso che investe la personalita' stessa del prestatore assoggettato ad un potere direttivo e disciplinare dell'imprenditore.
Alla subordinazione fa riscontro una esigenza di tutela della liberta' e della personalita' umana del lavoratore tipica del diritto del lavoro.
Infatti, sono state emanate una serie di norme di Legge atte ad evitare abusi da parte del datore di lavoro, una su tutte la L. 300\70 c.d. statuto dei lavoratori, che ribadisce con forza che il controllo da parte del datore di lavoro su lavoratori deve essere solo ed esclusivamente rivolto all'attivita' lavorativa.
Altro carattere distintivo e' contrario al precedente e' l'autonomia. Un lavoratore autonomo ha la massima autonomia nello svolgere il suo lavoro in quanto provvede personalmente all'organizzazione del lavoro. Nel lavoratore dipendente invece questa autonomia viene ridimensionata dal potere direttivo del datore di lavoro, anche se vi sono categorie di lavoratori dipendenti che godono di molta autonomia (dirigenti preposti) ma sono sempre soggetti al controllo del datore di lavoro.
Anche il rischio e' un altro elemento differenziatore tra le due figure che stiamo esaminando, infatti il lavoratore subordianto e' tenuto ad operare in base alle direttive impartitegli dal datore di lavoro ed ha diritto al compenso pattuito anche se il datore di lavoro non raggiungera il risultato, il lavoratore autonomo invece non avra' diritto al compenso se non soddisfera la richiesta che gli e' stata rivolta.
Oltre a quanto detto vi sono dei criteri pratici di distinzione che consentono con alta probabilita' di capire se ci si trova di fronte all'una o all'altra ipotesi.
Il pagamento del compenso in misura fissa e cadenzata anche per periodi di assenza (malattia infortunio riposo) risultera' sicuramente dal un rapporto di lavoro subordinato.
L'utilizzazione del lavoratore di attrezzi propri e lo svolgimento del lavoro in locali propri rilevera' quasi certamente un lavoratore autonomo.
Infine va segnalato un recente indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il "nomen iuris" ossia la qualificazione formale che le parti hanno dato al rapporto possa essere preso come carattere distintivo tra lavoro autonomo e lavoro subordinato.
Gianni Assogna
Consulente del Lavoro in Pineto